Olivier Kofler, co-fondatore di diverse start-up pluripremiate, è un grande appassionato di tecnologia e digitalizzazione. L’ex sviluppatore di software è stato nominato «Head of Digital Innovation and Platforms» di PwC Digitals Services grazie al suo spirito imprenditoriale e alle sue visioni. In un’intervista estremamente stimolante Kofler ci parla di «Human meets Digital».
Signor Kofler, cosa significa per l’uomo il fatto che i confini tra il mondo analogico e quello digitale si confondono sempre di più?
Occorre considerare diversi aspetti. Il più estremo si trova certamente nelle aree della realtà virtuale e aumentata, nel momento in cui l’uomo non riesce più a distinguere se sta vivendo nel mondo reale o in quello digitale, come mostra in modo esemplare il film «Matrix». Un altro aspetto lo si vede già ora nell’atletica leggera: grazie a strumenti digitali, i cyborg ottengono performance migliori rispetto a chi punta solo sulle proprie risorse naturali.
Un altro passo avanti è l’apprendimento profondo (deep learning) e l’intelligenza artificiale (AI), due settori che sono già stati oggetto di ricerche approfondite. Già oggi il cervello umano può essere stimolato con sensori digitali: se il cervello riceve l’impulso giusto al momento giusto, l’uomo può diventare proporzionalmente più efficiente.
Per dirla con le parole di Elon Musk: l’uomo deve usare la tecnologia per rafforzarsi, altrimenti a un certo punto rimarremo senza difese contro le macchine.
Pensa che la tecnologia si stia ancora adattando all’uomo o sta già succedento il contrario?
Negli anni ‘80 era probabilmente l’uomo a gestire la digitalizzazione. Ora ho la sensazione che siamo arrivati a un punto zero in cui è piuttosto la digitalizzazione tendenzialmente a gesetire l’uomo. Basti pensare a come siamo condizionati dallo smartphone: lo guardiamo ogni pochi secondi. Possiamo quindi affermare che la digitalizzazione ci tiene sotto controllo.
Questa evoluzione di essere gestiti dalla digitalizzazione può ancora essere arrestata?
No. La digitalizzazione ha innescato uno stile di vita di cui noi umani non vogliamo più fare a meno. Ordinazioni online con consegna a domicilio, agende digitali in tasca: nessuno vuole più rinunciare a queste comodità. Solo una minoranza sta cercando di andare controtendenza.
La digitalizzazione avvicina le persone oppure le aliena?
A questa domanda non si può dare una risposta diretta. Da un lato ci fa avvicinare perché con un solo clic è possibile interagire con qualsiasi essere umano del pianeta. Dall’altro ci allontana, per esempio quando guardiamo il nostro smartphone mentre viaggiamo in treno invece di parlare con i nostri compagni di viaggio. Ma la paura dell’alienazione non è nuova. Anche quando fu inventato il giornale la gente temeva che avrebbe ostacolato i contatti personali.
Quindi questo effetto può anche non influire sui rapporti interpersonali?
Alla fin fine oggi interagiamo in modo diverso rispetto al passato, ossia sempre più in digitale. Ma l’interazione stessa esiste ancora. Forse in futuro a un certo punto non ci parleremo più e ci scambieremo solo onde cerebrali.
Nella vita quotidiana lei è più digitale di altri?
Sì, sicuramente! Ricordo di essere stato uno dei primi a usare WhatsApp tra i miei amici. Prima i dispositivi e i software più moderni erano utilizzati più sul posto di lavoro; oggi li si usa più rapidamente nella vita privata. In privato comunico con Facebook e WhatsApp, al lavoro scrivo ancora e-mail.
In quale sfera della vita apprezza di più la digitalizzazione?
Non me ne viene in mente praticamente nessuna in particolare. Alcune cose sono semplicemente diventate più facili, come ascoltare la musica con i servizi di streaming online. Oppure prenotare una vacanza: prima mi recavo in un’agenzia viaggi, portavo a casa il catalogo e dovevo tornare qualche giorno dopo per prenotare. Oggi faccio tutto comodamente online da casa. Non devo nemmeno più stampare il biglietto. Durante un’escursione mi sento sempre al sicuro grazie al GPS, anche se si perde un po’ l’effetto avventura. Lo smartphone suggerisce l’ora della sveglia la mattina e i tragitti da fare in auto in base alla mia agenda per il giorno seguente. Il paradosso è che non ci godiamo il tempo recuperato, ma lo riempiamo semplicemente con altre attività.
Parliamo un po’ di arte. Gli artisti si lasciano spesso ispirare dalle innovazioni tecnologiche e le integrano nelle loro opere. Esistono casi in cui è la tecnologia a ispirarsi all’arte?
Oh sì, eccome! È come per la programmazione di un software, che è un’opera d’arte in sé, anche da un punto di vista legale. Mi definisco un artista programmatore, in un certo modo ispirato dalle nuove tecnologie. Sono convinto che gli artisti esplorino le nuove tecnologie come il 3D, la tecnologia laser e le nuove forme di illuminazione, e cerchino di inserirle nelle loro opere d’arte. Lo stesso vale anche per l’architettura.
Qual è la responsabilità delle organizzazioni che contribuiscono a plasmare il mondo digitale e promuovono la digitalizzazione?
Le questioni relative alla digitalizzazione riguardano sempre l’azienda nel suo insieme. Tutti i dipendenti ne sono coinvolti, e come azienda è necessario che tutti siano nella stessa barca. Prendo sempre come esempio il darwinismo: «non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere, ma quella che si adatta meglio al cambiamento.» La considero la più grande sfida per gli esseri umani e per le organizzazioni. Prima ci si ispirava a un modello di business tradizionale, rimasto invariato per 200 anni. Negli ultimi 15 anni, tuttavia, innumerevoli settori sono cambiati radicalmente e in futuro cambieranno con maggior rapidità. Questa è la responsabilità principale: insegnare alle persone come cambiare e adattarsi rapidamente al nuovo ambiente che li circonda, mettendole in condizione di farlo.
E quali responsabilità hanno gli artisti nel promuovere la digitalizzazione?
L’arte ha spesso una funzione importante nella società. Proprio in questo momento, nell’era della digitalizzazione, l’arte può illustrare in modo giocoso ed esplorativo le nuove tecnologie da altre prospettive e avvicinarle alle persone. L’arte svolge un ruolo molto importante nell’aiutare le persone ad abituarsi a nuove realtà, al nuovo mondo nell’era digitale.
Quali sono le tendenze che affascinano maggiormente una persona come lei proiettata verso il futuro?
Sono due in particolare: da un lato sta cambiando l’interazione tra uomo e macchina. I tempi sono maturi per dialogare, per esempio, con un’assistente intelligente come Siri. Dall’altro, l’intelligenza artificiale: un argomento infinito, sul quale si scontrano al momento i principali leader del mondo digitale come Mark Zuckerberg ed Elon Musk. Il tema dell’AI è così esplosivo che Musk esige già ora una regolamentazione in materia. Oltre a essere atipico per gli innovatori digitali, ha causato moti di indignazione in altri soggetti come Zuckerberg. L’intenso dibattito sottolinea l’immenso potenziale di questa tendenza, che credo sia solo agli inizi e che aprirà definitivamente una nuova era della digitalizzazione.